El Ayoun e Dajla
Eravamo 27 e dopo l’11 siam rimasti in 16! Gli attentati settembrini ci hanno risparmiato un’incresciosa selezione dei partecipanti e così, preso atto delle defezioni, in 16 ci siamo guardati negli occhi e abbiamo deciso che noi, proprio noi del primo mondo tecnologicamente avanzato e illuministicamente sviluppato, non ci volevamo cascare in questa falsa contrapposizione tra i due mondi di cui la millantata guerra tra civiltà ha cercato di convincerci. E poi viaggiavamo con l’Air Algeria … immagina se questi arabi si “attentavano” da soli! All’alba del 27 dell’ultimo mese ci leviamo in volo per attraversare il Mediterraneo: Algeri, semi velata da festa, ci accoglie con un sole primaverile. E già la prima scoperta: il venerdi, per il mondo musulmano, equivale alla domenica nostrana!
Ma la nostra meta è ben altra, raggiungibile dopo lunghe ore di volo sul deserto per giungere finalmente in … un altro pezzo di deserto: quello dell’Hammada (“sofferenza”, in arabo). E di sofferenza nella quotidianità dei fratelli Saharawi proprio non ne manca! Militari pacifici e lunghi veli colorati e capre e cammelli e centinaia di bambinetti scalzi che ti corrono incontro urlando “caramelo!”: questo è l’arrivo nei campi di Aaioun e Dajla, dove siamo stati ospiti per 16 giorni. E l’emozione del primo the nella “jaima” (tenda) con tutta la famiglia seduta intorno, e i regali incessanti e l’henna sui palmi delle ragazze e i racconti a lume di candela sino a tarda notte … sono i segni che l’allegria e il coraggio di questo popolo in esilio hanno lasciato dentro ognuno di noi. Indelebili segni. E noi che segni abbiamo lasciato? Tante visite e incontri importanti, la pulizia del quartiere, giochi e canti nelle scuole per dispensare sorrisi immortalati da 100 scatti fotografici che, più di mille parole, sapranno raccontare la vita quotidiana dei villaggi dell’Hammada. Conoscenza e crescita interiore e impegno per il futuro, questo è stato l’intercampo con i Saharawi … e molto di più! Pierluigi Musarò (accompagnatore dell’intercampo)
Il maestro: di Stefania Romani (volontaria)
Durante la visita alla scuola e l’attività di animazione con i bambini, riesco finalmente a vincere il pudore di apparire invadente, e approccio il maestro, per chiedere di concedermi
un’intervista… Continua a leggere…
Alì al bahr: di Marco Lambertini (volontario)
“Alì al bahr”, letteralmente “fino al mare” è l’augurio migliore che regalerete una volta giunti quaggiù nel sud del deserto algerino, oltre l’aereoporto militare di Tindouf, oltre le ultime piste disegnate nella sabbia dai camion e prima, molto prima, che il Muro (ne esistono ancora…) marocchino dica anche a voi, come ai Saharawi da ormai 25 anni, che oltre non si va, non si accede al Sahara occidentale. Continua a leggere…